All’età’
di sette anni partecipavo con entusiasmo alla messa domenicale, seppur mi
toccasse la levataccia mattutina.
Di
domenica in domenica ero arrivata al punto che sapevo a memoria persino la
liturgia che recitava il prete.
Mi
dispiace deludervi ma il mio recarmi in Chiesa così diligentemente, non era
dovuto ad un reale fervore religioso, quanto alla mia passione per il canto.
A
quei tempi la Chiesa vicina a casa mia era dotata persino di due cori, i
bambini piccoli come me facevano parte del coro della messa delle 9.30 e poi
c’era quello delle 10.30 composto da adolescenti con la voce già impostata, che
guardavo con sperticata ammirazione .
Il
sabato era la giornata dedicata alle prove in sacrestia, ricordo con immenso
affetto la ragazza che dirigeva il coro , che nonostante i suoi continui
richiami nei miei confronti , alla fine si arrendeva lanciandomi, con
mira incredibile, il libretto delle
canzoni in testa per farmi star zitta; in effetti, la parlantina non mi è mai
mancata.
Negli
anni seguenti continuai a cantare in un paio di cori della mia città,
perché i classici canti di chiesa mi “stavano stretti” e iniziai ad avvicinarmi
alla musica classica, ai cori a cappella, con un misero organo a canne quando
c’era. Trascorrevo le giornate nella mia cameretta, cantando e
specchiandomi davanti alle ante di un armadio laccato anni ’70, con una
matita in mano a mo’ di microfono, facendo il verso alle cantanti dell’epoca,
prime fra tutte Raffaella Carra’, abbozzando persino un disastroso
balletto.
Cantare
era diventato la mia valvola di sfogo, cantavo quando ero felice, cantavo a
squarcia gola quando ero arrabbiata le canzoni di Teresa Desio in uno stentato
napoletano, cantavo se ero triste con pianti adolescenziali , mentre intonavo
“It’s hard to say I’m sorry” dei Chicago. Verso i venti anni io e la mia amica
d’infanzia con cui cantavo da anni, progettavamo di andare a studiare canto
professionale a Milano. Ero lanciatissima e sognavo ad occhi aperti…ormai non
mi fermava più nessuno, ma purtroppo non fu così. La voce iniziò a calarmi ,
bruschi abbassamenti del tutto ingiustificati . Alla fine decisi di farmi
visitare e purtroppo mi diagnosticarono dei noduli alle corde vocali.
La sfortuna mi perseguitava! Avrei dovuto
abbandonare l’unica vera passione che avevo. Provai con la logopedia, ma senza
grossi miglioramenti poi conobbi mio marito e ,potenza degli uomini,
magicamente sparirono i noduli , ma la voce rimase calda e sensuale modello
Amanda Lear. Mi rassegnai a non cantare più e cosi’ feci per ben quindici anni.
Avevo
appena combattuto la terribile bestia del tumore, quando mi resi conto che mi
mancava qualcosa, un piccolo pezzo nel puzzle della mia vita. Il CANTO!
Mi
misi alla ricerca di un coro in cui poter imparare nuovamente a cantare in modo
serio e finalmente approdai nel coro del Liceo Musicale della mia città.
Mi
cimentai addirittura in spettacoli di lirica come la Tosca e la Traviata, con
costumi di scena in velluto e con tanto di guanti lunghi dorati. Era
impegnativo ma mi dava una forza nuova, una grinta nel ricominciare a vivere.
Ma
il destino mi rimetteva a dura prova! Dopo aver scoperto le recidive ai
linfonodi, iniziai le chemioterapie e purtroppo spesso non avevo le forze
fisiche per partecipare alle prove . Ma feci i salti mortali per garantire la
mia presenza. Una sera era in programma
un concerto con orchestra in uno dei teatri più prestigiosi e conosciuti del nord Italia. Nulla al mondo
mi avrebbe distolto dalla mia intenzione di cantare a quel concerto. Al mattino
feci la seduta di chemio che durò fino al tardo pomeriggio e poi dissi a mio
marito “tu mi devi portare in quel teatro io devo essere lì a tutti i costi!”.
Entrai in ritardo, in prima fila vicino
alle mie colleghe di coro e il maestro in quel momento mi guardò , tiro su in alto il
pollice in segno di approvazione, sorridendomi…..Fu difficile stare in piedi , mi
sentivo svenire e le luci mi facevano sudare sotto la parrucca ma ERO LI’ SUL
PALCO. J
La
malattia non aveva avuto la meglio sulle mie passioni, mi ero aggrappata a ciò
che veramente mi faceva sentir bene, con tutta la mia gioia di vivere.
Naturalmente
continuo tuttora a cantare nello stesso coro, ho solo un piccolo problemino non sono in
grado di leggere la musica e non conoscendo le note canto “a orecchio” e questa
sara’ a breve la mia prossima sfida : imparare a suonare il pianoforte! Perchè le sfide non finiscono mai.....
Foto cortesia di ElizaC3,
pubblicata con permesso https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/
Rosy, mi hai commossa. Che tenacia. Complimenti. Non è affatto facile vivere la vita normalmente, quando si fanno terapie così devastanti. Bisogna però provarci, magari facendo qualche piccola modifica e scegliendo su cosa è meglio incontrare le energie. ...
RispondiEliminaCommovente e bellissima, grazie per aver condiviso questa storia con noi! XXX Orny
RispondiEliminaCara Rosy, questa è la dimostrazione del fatto che la forza di volontà e il carattere giocano un ruolo fondamentale per combattere queste malattie.
RispondiEliminaContinua così, il tuo prossimo obiettivo non è solo quello di suonare il pianoforte ma , come mi dicesti un giorno, quello di raggiungere l'età della persona che ormai è diventata la mascotte del coro, Ce la puoi fare, del resto... basta volerlo!